Prato, località Gonfienti

Negli ultimi anni, la realizzazione di grandi opere pubbliche ha messo in evidenza le notevoli potenzialità archeologiche di quella parte della pianura pratese compresa fra il fiume Bisenzio, il torrente Marinella ed il piede del rilievo della Calvana, geologicamente collocabile al margine del bacino fluvio-lacustre Firenze-Prato-Pistoia.
In particolare, la costruzione dell'Interporto della Toscana Centrale, concepito come il più grande scalo-merci regionale, ha consentito alla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana l'individuazione di una vasta area occupata da una serie di strutture di periodo etrusco arcaico (VI - V secolo a.C.), coerenti per orientamento, tipologia costruttiva e cronologia, riferibili ad un insediamento urbano ad oggi presumibile su almeno dodici ettari.

Il nuovo centro etrusco di Prato è ubicato in un punto strategico per i collegamenti commerciali: allargando lo sguardo sul territorio circostante, appare fondamentale la presenza di Fiesole – con l’area sestese-fiorentina – e di Artimino, dei quali è nota la funzione di snodo svolta durante l’età del Ferro e per tutta l’epoca etrusca, rispetto alla direttrice volterrana ed ai collegamenti con i maggiori centri etruschi del versante tirrenico, lungo la valle dell’Arno.
In particolare, Prato appare fortemente proiettata verso la direttrice transappenninica e trova il suo naturale confronto urbanistico e architettonico con la città di Marzabotto, posta di là dall'Appennino, sulla strada interna che univa l'Etruria Settentrionale con Bologna e con il Nord.

Le indagini ad oggi svolte hanno consentito l’identificazione di alcuni vasti complessi abitativi posti ai lati di grandi strade, sistemati razionalmente secondo un coerente piano urbanistico. Gli edifici, dei quali si conservano le strutture di fondazione in pietrame commesso a secco, sono separati da profondi canali ben costruiti, necessari per la regimazione idraulica dell’area.

In particolare, è stato in buona parte scavato un complesso edilizio di notevoli dimensioni (Lotto 14), costituito da una serie di ambienti che si affacciano su un cortile centrale quadrangolare. L’edificio, che richiama nell’organizzazione interna le note esemplificazioni di Marzabotto e di Roma arcaica, misura almeno 1270 metri quadrati ed appare internamente organizzato.
Se nella parte centrale del lato prospiciente la strada può essere identificato l'ingresso, con ai lati due vani di forma allungata, che sembrano articolati in complessi autonomi e funzionali alla proiezione verso la strada stessa, gli ambienti abitativi gravitano sul cortile interno, pavimentato in terra battuta frammista a pietrisco, a profilo leggermente convesso nella parte centrale, in modo da garantire il deflusso laterale delle acque, e delimitato su tutti i lati da un portico.
Al fine di formulare una ipotesi sull'ubicazione del presunto colonnato del portico, appare determinante, nella tessitura del muro perimetrale al portico stesso, la presenza ricorrente di blocchi litici di dimensioni maggiori, veri e propri plinti su cui potevano essere collocate le colonne, che scandiscono regolarmente lo spazio secondo l'unità di misura prescelta, che - come per Marzabotto - risulta essere il piede attico (cm 29,6).
Il cortile è fornito di un pozzo a bocca circolare, ubicato in prossimità della parte coperta presso l'angolo Nord-Ovest e rivestito mediante ciottoli di media pezzatura disposti in anelli concentrici, con bordo sopraelevato rispetto al piano del cortile, per impedire l'inquinamento dell'acqua di falda.
Particolare attenzione viene dedicata al sistema di deflusso delle acque, che vengono allontanate dal cortile tramite un canale (F) aperto in corrispondenza del lato meridionale, posto a separare l'area d'ingresso dall'ambiente laterale B e destinato a confluire nella grande canalizzazione perimetrale (G), che delimita l'edificio, garantendone la salubrità mediante un piano di scorrimento notevolmente più basso rispetto ai livelli pavimentali ad ogni evidenziati all'interno degli ambienti.

L’edificio era coperto in buona parte dallo strato di crollo del tetto, con tegole e coppi, che sono stati scavati sistematicamente per quadrati, per non precludere future possibilità di restauro.
Nel crollo del tetto, oltre a tegole converse trapezoidali e a coppi di colmo, sono emerse antefisse a testa femminile di pregevole fatture, incorniciate entro un grande nimbo a conchiglia con baccellature radiali. Le antefisse, decisamente rare in questa parte dell’Etruria in periodo tardo-arcaico, confermano l’alto livello economico e sociale degli abitanti, come d’altra parte si evince anche dai reperti recuperati nelle diverse aree di scavo. Infatti, accanto alla ceramica d'impasto e depurata, attestata dalle forme tipiche dei contesti domestici, utilizzate per la dispensa, per la mensa e per la cucina, sono presenti oggetti di notevole pregio, quali le importazioni di ceramica attica, talvolta di altissimo livello.